mercoledì 23 aprile 2008

Ma “tu” sei davvero felice?

Come posso io rispondere ad una simile domanda senza cercare di provare a dare una definizione di felicità? Perchè le condizioni che la determinano sono talmente vaste e varie da rendere quasi impossibile l'etichettare questo o quello come la causa scatenante di uno stato d'animo più che euforico di completa armonia in un determinato momento della propria vita.
Mi ricordo che quando ero un bambino la felicità scaturiva da un abbraccio di un genitore, un momento di coccole, comunque sia da un qualcosa che avveniva in pochi attimi rapportati alla concezione di tempo che si poteva avere all'epoca. L'abbandono di un figlio in un asilo nido viene infatti vissuto come un atto in sè senza poterlo rapportare ad una scala temporale che ne quantifichi la durata e, pertanto, è vissuto come un dramma; perchè se l'infante fosse conscio del fatto che il genitore lo riprenderà di lì a poche ore, tutta la sindrome dell'abbandono non avrebbe motivo d'esistere.
Allora la felicità è legata ad un determinato momento, unico e non ripetibile, almeno secondo coscienza istantanea. La ricerca della ripetibilità ci porta a sperare e sognare che un tale attimo si verifichi nuovamente in futuro, sebbene a poco a poco l'intensità con la quale essa si presenta diminuirà inesorabilmente venendo meno la stessa unicità e istantaneità che la caratterizzano.
Col passare degli anni, poi, le esigenze cambiano e si è portati a trovare, o ci si imbatte senza esserne consci, in altri stati di felicità non necessariamente legati ai precedenti.
L'essere felici a 12 anni poteva essere rappresentato dalla condizione favorevole di poter uscire a giocare a pallone con gli amici, dopo aver svolto i propri “doveri scolastici” e sentirsi finalmente “liberi” dagli obblighi che già da qualche anno si doveva adempiere.
Perchè fin quando si vive fuori dalle mura scolastiche, non si hanno particolari problemi dal punto di vista educativo, non avrai dei “compiti” da svolgere, che a lungo andare diventeranno sempre più grandi, e pesanti, complessi, dettati dalla vita, tale da rendere il tuo spazio di serenità sempre inferiore affievolendosi il tempo stesso in cui poter ricercare una “nuova” felicità.
Così il processo che ti porta a “rinnovare” la tua situazione attuale è condizione necessaria affinché si possa riscoprire una nuova felicità diversa dalle precedenti.
Anche il pensiero attuale muterà di qui a poco non essendo più unico, scontrandosi con altri paradigmi della vita a cui prima non si aveva pensato.
La felicità è necessariamente soggettiva, dettata da condizioni personali uniche scaturite da un unico percorso di vita.
Queste possono “coincidere” con quelle di altri, ma non saranno mai identicamente univoche in quanto basta che cambi l'intensità di uno stato d'animo affinchè si perda la condizione iniziale di unicità.
Pertanto lo stato d'animo nato a seguito di un abbraccio non sarà mai identico con quello di altri individui in quanto ogni singola persona è unica nel suo genere e vive le proprie esperienze a seconda del proprio “io”, dell'ambiente, degli altri esseri che condividono con lui il proprio microcosmo, ed essendo anch'essi unici, rendono il tutto perfettamente istantaneo, irripetibile.
Pertanto l'uomo sogna di trovare una felicità che lo possa accompagnare per tutta la vita, ma più la cerca tanto più non potrà raggiungerla in quanto inconsciamente tiene memoria di attimi passati che non potranno mai più verificarsi essendo unici nell'istantaneità e rischia di procedere così all'infinito senza magari mai rendersi conto del tempo perso alla ricerca di qualcosa che si è già perso.
Non si può e non si deve, tuttavia, neppure immaginare di cercare costantemente una nuova forma di serenità che possa portare alla felicità perchè, se così fosse, si rischierebbe di non riconoscerla o viverla adeguatamente pensando già a quando questa finirà.
Con un banale esempio, se si avesse voglia di mangiar un gelato e lo si potrebbe comprare solo tra un anno, si avrebbero speso 12 mesi nell'attesa di un evento, ma quando questo si verificherà si capirebbe che di lì a pochi minuti il gelato sarà consumato e non resterebbe che il ricordo di un qualcosa tanto atteso svanito via in pochi attimi rapportati al tempo trascorso nell'attesa in cui non ci si è goduti realmente di ciò di cui si aveva in quegli istanti e che non saranno mai più ripetibili.
Si potrebbe disquisire per secoli, così com'è stato fatto, sul concetto di felicità, e con ciò non intendo assolutamente dire che un individuo non debba pianificare la propria vita seguendo un “carpe diem” frivolo, bensì che si prosegui il viaggio della propria esistenza secondo una strada maestra tale che, secondo noi, possa condurci alla serenità (condizione necessaria per la felicità), ma che tutto ciò non ci distolga dal sapere cogliere gli attimi odierni consci del fatto che potremmo donare istanti di felicità inconsapevolmente non potendo noi comprendere ciò di cui il prossimo è alla ricerca.
Concludendo, posso dirti: sì, sono stato felice. Sull'oggi ancora non ho certezza e lo sarò, solo se sarò in grado di riconoscerne l'attimo.

3 commenti:

  1. Leggo velocemente il tuo essere e cerco una parola, una lacrima, una seppur piccola anzi piccolissima emozione...vorrei riconoscermi e non mi trovo, mi sono perso inutile sibilo nell'oblio del tempo, non è delusione o forse sì...leggo e rileggo in maniera troppo confusa, Dio non ci sono, questo mi sibilo non c'è, non c'è, lacrima resta pietrificata in un insulso silenzio, tornerai respiro calmo appena capirai che non esisti, dubbio nascente di non essere mai esistito che si blocca, si annoda lì tra pelle e cuore...ma felice il mio vuoto è stato, davvero...

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  2. "ma felice il mio vuoto è stato, davvero..."

    Come può il vuoto essere felice se non è immerso da pensieri, parole o semplici emozioni? Ma allora vuoto non sarebbe più...

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  3. E rileggendoti caro Mio essere e sentendoti sospirare nel mio mondo, mi guardo specchio riflesso d'una luna d'estate e sin d'allora null'altro era che vuoto, era vuoto incessante distanza di un boato e rimbombo di quello stesso palpito che spacca nel pugno rosso stretto in corpo...illusione di essere un istante accarezzato dalla felicità, era pazzia e così impazzisce il mio palpito, frastuono del nulla, sentimi lacrima calda lentamente nascere, ancora più lentamente scendere, e silenziosamente morire nel profumo di te lì stretta per un istante...e mi confondo non poco nella luce di occhi tanto buoni e mi lascio sostenere e cullare e sognare nella speranza di tornare in vita...calma piatta di un maremoto oscillante cullato dalla terra

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