sabato 3 febbraio 2007

Lettera degli ambasciatori alleati - Appello da sei Paesi impegnati con noi nella missione Onu

GLI ambasciatori degli Stati Uniti, del Regno Unito, del Canada, dell'Australia, dei Paesi Bassi e della Romania hanno inviato a Repubblica questo testo.

IL 26 GENNAIO scorso, a Bruxelles, i ministri degli Esteri della Nato hanno ribadito il loro impegno a sostenere il governo e il popolo afgano. In qualità di ambasciatori di paesi che operano in Afghanistan d'intesa e in alleanza con l'Italia, desideriamo sottolineare i nostri sforzi collettivi per garantire la sicurezza e promuovere la ricostruzione e lo sviluppo civile di quel Paese. Il livello dell'impegno e del coordinamento internazionale realizzato in Afghanistan è la testimonianza della forza e dell'integrità delle Nazioni Unite e della Nato, e del contributo e degli sforzi dei loro paesi membri. I nostri paesi apprezzano la solidale partecipazione dell'Italia nella missione internazionale in Afghanistan. Siamo tra gli oltre 60 paesi che operano per la ricostruzione, sotto l'egida della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama).

Un anno fa, a Londra, il governo afghano e la comunità internazionale hanno lanciato il programma Afghanistan Compact, una strategia a tutto campo della durata di 5 anni e con parametri per la sicurezza, la governance e lo sviluppo. E' questo Compact che guida il nostro impegno collettivo.

Lavorando con l'Italia in sede Onu, nell'Unione Europea e nella Nato, abbiamo costruito una missione comune in Afghanistan, fondata sul consenso globale, su un'ampia legittimità multilaterale e sul principio che gli Afghani gestiscano il processo di stabilizzazione e di ricostruzione.


Il popolo afghano, che sta uscendo da decenni di tirannia e di guerra civile, sostiene la presenza internazionale nel proprio paese e ha potuto esprimere il proprio consenso in modo democratico. In seguito alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che hanno richiesto la presenza dell'Onu, avviato un processo democratico ed autorizzato una forza di stabilizzazione, gli Afghani hanno redatto ed approvato una Costituzione, hanno eletto un Presidente nel 2004 e un Parlamento nel 2005. Insieme ad altri paesi, l'Italia ha inviato, per un periodo temporaneo, truppe aggiuntive per proteggere i votanti durante entrambe le tornate elettorali e continua ad offrire un valido contributo all'Isaf, la Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza guidata dalla Nato.

E' importante sottolineare che, con l'aiuto dell'Italia, la comunità internazionale ha potuto avviare un processo di stabilizzazione e di ricostruzione che ha migliorato le condizioni di vita di milioni di Afghani. I passi in avanti sono innegabili. Per la prima volta da decenni, gli Afghani possono realisticamente aspettarsi un governo rappresentativo, un futuro economico migliore, servizi sanitari più efficenti e un sistema di istruzione aperto sia agli uomini che alle donne.
Tuttavia, il momento è ancora critico. Il governo è giovane e resta fragile. L'Afghanistan deve ancora dotarsi di istituzioni efficienti nel campo della giustizia, delle forze di polizia e delle forze armate nazionali. La corruzione ed il traffico di oppio sono una minaccia per questa nuova democrazia. Come hanno affermato i leader italiani e di altri paesi del mondo, dobbiamo aumentare il nostro contributo per la ricostruzione e lo sviluppo civile.

La posta in gioco è alta. La comunità internazionale non deve esitare nella ferma e comune volontà di aiutare il governo afghano a garantire condizioni di sicurezza tali da permettere ulteriori progressi.
Forze residue di talebani tentano di cancellare i progressi che l'Afghanistan ha ottenuto. Sono gli stessi estremisti che, prima del 2002, avevano imposto un'efferata tirannia totalitaria, proibito alle donne di andare a scuola e di partecipare alla vita pubblica e ospitato una base operativa di Al-Qaida. Non si avvalgono del dialogo democratico o di una dialettica pacifica per portare avanti le loro istanze volte a far regredire l'Afghanistan, ma si servono di terroristi suicidi, lanciano campagne intimidatorie e uccidono riformatori e insegnanti. Gruppi di estremisti islamici finanziano i loro sforzi.

Dobbiamo stare uniti. Dobbiamo condividere tutti la responsabilità di sostenere la sicurezza in Afghanistan. Garantire condizioni di sicurezza è essenziale per vincere la prossima sfida fondamentale: quella di raddoppiare gli sforzi a favore dello sviluppo civile ed economico. Sia il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema che il Segretario Generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer, riconoscendo che lo sviluppo civile ed economico rappresenta la soluzione di lungo termine alla minaccia talebana, hanno invocato una strategia a tutto campo per intensificare l'assistenza alla ricostruzione.

Questo è proprio il nostro obiettivo comune. Nel 2007 i donatori internazionali aumenteranno e daranno un forte impulso all'assistenza per la ricostruzione, in particolar modo per la costruzione di strade, l'addestramento delle forze di sicurezza e la lotta al narcotraffico. Plaudiamo agli sforzi dell'Italia per promuovere un maggior coordinamento nella riforma del sistema giudiziario dell'Afghanistan, ospitando in primavera, insieme all'Onu e al governo afghano, una conferenza internazionale a Roma.

Come hanno dichiarato i nostri paesi nel comunicato del Vertice della Nato a Riga nel 2006, "in Afghanistan non può esserci sicurezza senza sviluppo, né sviluppo senza sicurezza". Siamo a fianco dell'Italia nel perseguire questi obiettivi complementari tra loro. Insieme, nel 2007, potremo dare un contributo determinante per la pace, il progresso e la sicurezza in Afghanistan.

Edward Chaplin
ambasciatore del Regno Unito
Cristian Valentin Colteanu
ambasciatore di Romania
Alex Himelfarb
ambasciatore del Canada
Egbert Jacobs
ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi
Ronald P. Spogli
ambasciatore degli Stati Uniti d'America
Peter Woolcott
ambasciatore d'Australia

(3 febbraio 2007)

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